Antropologia del cibo al ristorante cinese

Etnografia a tavola. Ovvero di come i sapori e la struttura dei pasti sono fattori culturali. Una nota di campo.

Banner con il titolo

Milano, giovedì 7 novembre 2024
nota di campo di Emma Fontana

Girato l'angolo che da Via Tonale si affaccia su Via Giovanni Battista Sammartini ci siamo trovati nel parcheggio di fronte al ristorante cinese Impressione ChongQing, l'insegna enorme troneggiava sulla parete laterale dell'edificio e due piccole finestrelle in alto sembravano gli unici punti di luce dell'intero locale.

Dopo aver conosciuto Rossana, che ci attendeva tra le macchine posteggiate, abbiamo deciso di cominciare a entrare e aspettare gli altri al caldo. Ci ha dato il benvenuto e accompagnato al tavolo la proprietaria. Non parlavamo la stessa lingua, è stato complesso capirsi ma dopo aver sistemato gli zaini bene sotto il tavolo, come cercava di indicarci, tutto è andato liscio. All'arrivo di Alice abbiamo cominciato a farci raccontare della sua esperienza in Cina: è stata un anno a Deyang, vicino a Chengdu, nella regione del Sichuan, durante le superiori. Il Sichuan è una provincia cinese famosa per la sua cucina piccante, questa particolarità deriva dalle necessità di conservazione alimentare in una zona con una geografia e una situazione climatica complesse. Il termine Sichuan infatti, ci spiegava Alice, significa “quattro fiumi”. Questi fiumi sorgono dalle diverse catene montuose che circondano la regione, producendo un clima molto caldo e umido in estate e particolarmente freddo in inverno. Le condizioni climatiche del Sichuan favoriscono dunque il ristagno idrico e il mancato ricircolo dell'aria, è proprio per questo motivo che la cucina della regione è piccante: le proprietà antibatteriche e disinfettanti del peperoncino e del pepe del Sichuan permettono di conservare meglio i cibi e migliorare la qualità della vita nella zona.

Si decostruisce così l'idea che il cibo e la cucina siano solo questioni di gusto, per mostrare invece le ragioni storico-geografiche dietro a tradizioni come quella del piccante del Sichuan.

Durante questa necessaria introduzione storica, Alice sfogliava il menu in modo esperto prendendo in considerazione le nostre preferenze alimentari, la maggior parte di noi propendeva per evitare la carne quindi solo uno sei piatti ordinati non è stato vegetariano. Mi hanno messo un attimo in dubbio le rane: non mangio la carne, solo ogni tanto il pesce, ma la rana è un anfibio, non so tanto dove metterla nelle mie categorie alimentari. Passata la mia crisi specista, Alice ci ha presentato la sua proposta di menu per il nostro pranzo: tofu saltato piccante, pasta di patate fredda, cavolo saltato, pancetta di maiale cotta due volte e melanzane saltate in salsa Yuxiang agrodolce piccante, il tutto accompagnato da una ciotola di riso bianco al vapore. L'attesa è stata poca, a ognuno di noi è arrivata una porzione del riso, mentre il resto dei piatti erano da condividere al centro della tavola. A questo punto Alice ci ha prontamente illustrato le regole della convivialità cinese: mai infilzare le bacchette nel riso, è solo per i morti e le divinità; lasciare il piatto piano unicamente per gli scarti; utilizzare il riso per “asciugare” dalla salsa le varie pietanze. Sostanzialmente ognuno di noi prendeva con le proprie bacchette una piccola parte del cibo e la faceva sgocciolare nel riso prima di mangiarla, quest'ultimo nel tempo si insaporiva di tutte le varie salse e, consumato alla fine, risultava particolarmente condito. Ogni piatto aveva un diverso grado di piccantezza, lo stesso termine “piccante” usato nella lingua italiana, ci spiegava Alice, risulta non esaustivo quando si parla di questo tipo di cucina. Nella lingua cinese, infatti, diverse parole indicano diversi tipi di piccante. La cucina del Sichuan e di Chongqing è caratterizzata dal málà (麻辣), parola intraducibile in italiano, che indica un tipo di piccante che intorpidisce la bocca e la lingua. Il cavolo saltato devo ammettere che mi ha messo alla prova, pensavo fosse il meno piccante, l'ho provato per primo credendomi furbə e invece si è rivelato il più tosto ma, nonostante ciò, non ho avuto bisogno di bere il latte di soia per tamponare il piccante: molto orgogliosə di questo personale successo.

Ogni piatto è stato un po' una rivelazione: mi rendevo conto di non aver mai mangiato cibo cinese prima di allora. Certamente questo proveniva da una specifica area della Cina e rifletteva la tradizione culinaria del luogo, ma in ogni caso i ravioli e gli spaghetti di soia take away di Ponte Chiasso non reggevano il confronto. Il tofu e le melanzane si scioglievano in bocca, la pasta aveva una texture trasparente impressionante e il cavolo rimaneva croccante e saporito.

Alice ci ha raccontato di alcune particolarità dei piatti, quella che più mi ha incuriositə riguardava il tofu saltato piccante. Questo piatto era condito con il pepe del Sichuan, noto per le sue proprietà anestetizzanti. Ovviamente, scoperta questa cosa, non ho resistito alla curiosità: mordendo il pepe si sprigionava in bocca una sensazione quasi di frescura, discutendone l'abbiamo paragonata, per quanto riguarda il sapore, alle bacche di ginepro e siamo rimasti d'accordo che avremmo provato il pepe del Sichuan come loro sostituto nel gin tonic, seguirà un aggiornamento.

Giunti alla fine del pasto, mancava secondo me un elemento da provare prima di salutarci: era doveroso assaggiare anche uno dei dolci. Alice ci aveva raccontato un aneddoto sulla sua esperienza con i dolci cinesi: “non sono dolci”, diceva, e anzi, quando la moda delle torte a più piani aveva raggiunto la Cina, queste non venivano consumate alla fine del pasto ma “erano poggiate in centro alla tavola e mangiate come tutto il resto con le bacchette durante il pasto”. Ecco perché, dopo aver convinto tutti di questa necessità, abbiamo ordinato anche otto palline di sesamo: risultavano croccanti all'esterno, merito probabilmente della frittura e della decorazione con i semini di sesamo, mentre rimanevano morbide all'interno e colme di una crema ai fagioli rossi ma effettivamente, come diceva Alice, non erano chiaramente dolci.

È stato un pranzo davvero soddisfacente, tra un boccone e l'altro abbiamo discusso insieme al Professor Della Costa di questioni riguardanti il ricordo, l'autenticità, il valore culturale e sociale, gli aspetti sensoriali, e tutto ciò che l'esperienza culinaria ci suggeriva. Abbiamo ragionato su come mangiare sia un'esperienza sinestetica, in cui il gusto non è l'unico fattore determinante: influiscono anche altri sensi, quali la vista e l'olfatto, così come la consistenza, la presentazione e la descrizione del piatto che ci troviamo davanti. Oltre a parlare di gusto, è stato infatti interessante anche discutere del disgusto e di come quest'ultima reazione, anche fisiologica, sia influenzata dalla propria cultura di riferimento.

Prima di salutarci, Alice ha preso per ciascuno di noi un “biscotto della fortuna cinese” e ci ha anche raccontato di non aver mai visto alcun “biscotto della fortuna cinese” in Cina. Il mio diceva “concediti una pausa e rilassati”, autentico o meno, seguirò quest'ottimo consiglio.

← Tutti i resoconti