Il Museo delle Culture di Milano (Mudec) è un'istituzione che molti conoscono già ma in pochi sanno la sua storia. Inaugurato in concomitanza di Expo Milano 2015, affonda le sue radici in diverse collezioni di arte del secolo scorso. Alice, compagna di università che ci guida nell'incontro di oggi, sta prestando servizio civile presso il museo.
Iniziamo a parlare davanti a un caffè nel bistrot del museo, dove Alice ci racconta la realtà del Mudec: come funziona, da dove viene il suo patrimonio, come sono nati gli spazi in cui ci troviamo. Questo è uno dei numerosi musei civici della città; l'idea di avere un museo etnografico c'era da tempo ma per motivi di allocazione dei fondi si è dovuto aspettare a lungo prima di avere un luogo autonomo. Nei primi anni del Novecento, il comune di Milano iniziò a spostare le sue ricche collezioni nel Castello Sforzesco e vennero istituite le Civiche Raccolte Extraeuropee, con migliaia di oggetti provenienti dal patrimonio di diversi enti pubblici e dalle donazioni di privati cittadini. Nel 1929 si ebbe la prima Raccolta Etnografica ufficialmente staccata dalle collezioni archeologiche. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gran parte delle collezioni vennero trasferite a Sondalo (SO) per proteggerle dai bombardamenti ma, purtroppo, non si fece in tempo a salvaguardare l'intero patrimonio e la quasi totalità della raccolta oceanica andò perduta. Da quel momento le collezioni etnografiche furono conservate nei depositi, in attesa di un nuovo spazio espositivo loro dedicato. Il Museo delle Culture come progetto inizia nel 1999 e viene inaugurato nel 2015 nell'ex-area industriale dell'Ansaldo (Porta Genova). Il complesso ha un'estensione di circa 5000mq ma parte di questi sono dati in concessione ad altri enti. Il museo si divide in diversi ambienti e ospita sia mostre temporanee che un percorso nella collezione permanente.
Il percorso della Permanente viene rinnovato ogni circa cinque anni. Quello attuale è stato inaugurato nel 2021 e prende il nome di “Milano, Città Globale”. Ha l'obiettivo di esplorare i rapporti della città con le culture altre e si sviluppa come un percorso nella storia. La prima parte esplora i contatti con le Americhe e illustra il fascino per l'esotico che condusse numerosi oggetti nelle Wunderkammer di tutta Europa, in particolare in quella del milanese Manfredo Settala, scienziato di inizio Seicento. La seconda parte illustra i rapporti con l'Oriente, caratterizzati da una ricca importazione di ceramiche. La terza parte è dedicata all'esperienza coloniale in Africa, concentrandosi sugli anni del Fascismo. L'ultima sala parla della contemporaneità di Milano e, per dare risalto al suo carattere multiculturale, viene riallestita più spesso, focalizzandola di ogni volta su una delle comunità che compongono la popolazione milanese.
Parliamo poi della politica del Mudec sulle acquisizioni, guidata dalla provenance research, ovvero dalla ricerca sulla cronologia della proprietà di un oggetto, per garantirne l'origine. Queste indagini sono oggi comuni nei musei ma, applicate al patrimonio etnografico, mostrano alcuni limiti. L'intero discorso sull'arte ruota attorno ai concetti di autenticità e eccezionalità, se si parla di oggetti archeologici, e di originalità se si tratta di opere contemporanee. Gli oggetti etno-antropologici, però, difficilmente soddisfano questi caratteri: sono oggetti di uso comune, spesso prodotti recentemente, difficilmente unici e quasi mai di eccezionale fattura. Come definire opera d'arte uno strumento utilizzato ancora oggi da qualcuno che abita a migliaia di chilometri? E soprattutto, come valutarne l'origine? Questo tipo di collezioni non corrisponde alle caratteristiche previste dalla legislazione museale e per questo il lavoro della Conservatoria è reso ancora più difficile. Il patrimonio del museo è in costante crescita, spesso grazie alle donazioni di privati. Valutare la provenance degli oggetti è complicato perché si ha a che fare anche con molti oggetti contraffatti o rubati, acquisiti durante viaggi raramente documentati. Il tutto è reso più difficile dalla carenza di esperti nelle produzioni delle varie aree geografiche.
Cominciamo la visita
Saliamo al primo piano, che ospita le sale espositive. Le scale conducono al centro della cosiddetta agorà, il cuore della planimetria che conduce ai vari spazi. Il progetto architettonico originale, dei primi anni duemila, prevedeva che ci fossero quattro sale, una per area geografica, e che ognuna avesse l'ingresso su una piazza centrale, ideale spazio di incontro fra le culture. L'agorà si presenta racchiusa fra pareti curve di vetro opaco che corrono per l'intera altezza della sala, disegnando un perimetro organico; la luce è diffusa da ogni punto delle pareti e il soffitto, bianco e spoglio di qualsiasi apparecchio, appare come una nuvola che tradisce la percezione di trovarsi all'interno. Le vetrate ricurve nascondono l'accesso alle sale effettive e, sul lato opposto all'agorà, ospitano la Galleria dei Donatori, una serie di vetrine usate per esporre mostre temporanee e nuove acquisizioni del museo.
Durante la nostra visita, l'agorà appariva più come il mare che come il cielo; dal 27 novembre 2024 al 21 settembre 2025, infatti, lo spazio ospita la mostra “Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo” di Adrian Paci. I vetri opachi che di solito servono solo come diffusori per la luce sono tappezzati di fotografie del mare, estratte ognuna da articoli di giornale riguardo la crisi migratoria del Mediterraneo. In una delle vetrine ricurve sono poi esposti i ritagli dei titoli dei suddetti articoli. Un'altra delle vetrine celebra i 200 anni dell'indipendenza del Perù, mettendo in mostra diversi oggetti delle culture indigene del luogo.
Entriamo infine nei depositi, situati al piano terra. Un'ampia sala riempita da scaffali e cassettiere in metallo che ospitano la vasta collezione del Mudec. La disposizione segue le aree geografiche con sottosezioni per categoria di oggetto; le eventuali eccezioni sono dovute a particolari esigenze di conservazione, come per l'avorio e le piume. Invece che descrivere i singoli oggetti, potete osservare le fotografie che abbiamo scattato durante la visita nella cartella di questo incontro sul nostro Google Drive.
Lo spazio rispetta diverse norme per la conservazione del patrimonio, impiegando strumenti per il controllo del clima e degli eventuali insetti. La catalogazione avviene grazie a registri cartacei, all'interno dei quali vi è una scheda per singolo oggetto, affiancati da un nuovo sistema di catalogazione informatico.